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TITO

Tito in azione nello studio - 1984, ritratto a matita su carta, cm 70x50Fabio Massimo Caruso é un pittore

Non dobbiamo meravigliarci se Fabio Massimo Caruso usa pennelli e spande colori sulla tela. Un modo anacronistico, oggi, di comunicare perché la tecnica che egli adopera è quasi estinta. Però davanti ai suoi quadri ci sentiamo risucchiati nell’ancestrale piacere che danno i colori generati dalla pasta spremuta sulla tavolozza.
Con i colori, il pennello e la tela, agli inizi, egli ci combatteva. Come se andasse alla guerra. Aggrediva la tela; con violenza gestuale tracciava l’immagine nella pasta magmatica tanto che l’avresti catalogato tra gli ultimi espressionisti o tra gli artisti del gesto.
La tela, egli, rischiava di squarciarla. Ho pensato spesso che quel suo comportamento fosse l’effetto del suo passato di disk-jockey: lavoro lasciato per la pittura.
E le sue immagini sghembe emergevano da un magma di materia cromatica bituminosa, denunciando la lotta ineluttabile da cui doveva scaturire la forma, quella che oggi è compiuta e disciplinata, alla quale è arrivato lentamente e pazientemente, imponendosi un contenuto.
Non più furore e magma materico. Pace e riposo nei risultati; equilibrio costruttivo e lucido affidato ad una struttura compositiva all’apparenza geometrica; solo all’apparenza; una griglia che occhieggia con l’architettura. Una griglia anche scoperta ma subito risucchiata dall’imperio del colore che lievita. Colore tenero, luminoso e rorido che attesta l’equilibrio raggiunto e la tenerezza per la vita. Una pacificazione tra spirito riposato e cronaca dispersiva.
Tutto in una griglia costruttiva che c’è ma non è vincolante.
Le immagini vengono fuori, sì magmatiche, perché il rilievo della pasta è pervasivo e che potrebbe brutalizzare la resa e l’approccio per la lettura. Ma la prevalenza del bianco, dei rosa, degli azzurrini o delle ocre messe a costruire la forma, penetrano con struggente tenerezza per gli occhi e per lo spirito e consentono la lettura delle sue superfici in un abbandono insospettato.
Questi suoi quadri possono pure portare una titolazione, ma sarebbe pretestuosa. La vera lettura ce la fornisce quella comunione che viene ad imporsi per la raggiunta maturità linguistica dell’opera. Testimonianza dell’attuale stato di grazia del pittore. E non è solamente lo stato di grazia del pittore. È contemporaneamente lo stato di grazia dell’uomo di fede.

Tito

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